Ipocrisia terminale

May 21, 2007

La dottoressa Claudia Navarini, docente presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, su Zenit:

«Non dispongo personalmente di dati relativi alle ultime fasi assistenziali di Giovanni Paolo II. Quel che è certo, è che il grande pontefice si è sempre espresso con estrema chiarezza sia sull’eutanasia che sul suicidio, e che un eventuale rifiuto di alcuni trattamenti possono avere avuto unicamente il senso sopra descritto. Diverso sarebbe il caso di una persona che avesse ripetutamente rivendicato il diritto di morire e l’ammissibilità dell’eutanasia volontaria, come è accaduto per Piergiorgio Welby, di cui non possiamo conoscere il pensiero e il cuore in prossimità della morte, ma la cui vicenda è stata troppo spesso paragonata in questi mesi a quella, completamente differente, del defunto pontefice».

Hai capito, Piero? Stanno dicendo che se te ne fossi stato zitto e buono, invece di armare tutto quel casino, ti avrebbero staccato il respiratore senza fare tante polemiche, e magari dopo ti avrebbero pure fatto un bel funerale. Invece tu niente, testardo che non eri altro, a insistere con quella storia della battaglia politica, della tutela dei diritti, a gridare ai quattro venti che oltre a te ce n’erano altri, di cui nessuno si occupava perché avevano una voce ancora più debole della tua; lo vedi, poi, com’è andata a finire? Adesso spunta fuori ‘sto Nuvoli, che se tu non gli avessi preparato la strada magari adesso neanche se ne renderebbe conto, che qualche diritto ce l’ha pure lui; e invece hanno dovuto comprargli il sintetizzatore, lasciarlo parlare, e ora si è messo in testa che vuole smettere di soffrire, che quello è un suo diritto, e stai a vedere che dopo di lui ne viene fuori un altro, poi un altro, e poi un altro ancora, e di questo passo va a finire che quelli devono perdere tempo a scrivere una legge apposta, con tutti i problemi che ci sono, per quattro malati che fino a l’altroieri nessuno sapeva manco che esistessero.
Possibile che tu non te ne renda conto? Staccare il respiratore, quello te l’avrebbero pure passato.
Quello che non ti perdoneranno mai è che non sei stato capace di morire facendoti i cazzi tuoi.

Francesco Ognibene sulla richiesta di Giovanni Nuvoli:

«C’è un uomo che – pare – chiede di morire: soffre troppo, e da troppo tempo, e dice che non ce la fa più. Una domanda umanissima, per quanto inaccettabile, che pretende una risposta all’altezza della sofferenza. Chinarsi sul letto dove un male inesorabile inchioda quell’uomo da anni, ascoltarne ogni parola – e quanto gli costa farsi intendere lui solo lo sa -, sforzarsi di capire quel che non dice, è una necessità che si impone a chiunque voglia interessarsi al suo caso senza la fretta di tirare le somme».

«Il potere non è un mezzo, è un fine. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere». (George Orwell)

Vincenzo Carpino, presidente dell’Associazione Anestesisti e Rianimatori Italiani:

«Noi siamo i medici della vita, della rianimazione, non ci stiamo a passare per la categoria dei medici che staccano la spina. Mi devono spiegare che ne è dell’articolo del Codice penale che condanna l’omicidio del consenziente e dell’articolo 17 deI Codice deontologico che vieta al medico, anche su richiesta del malato, di effettuare trattamenti finalizzati a provocarne la morte».

Mentre confermo a Carpino che l’omicidio del consenziente è tuttora previsto dall’articolo 579 del Codice Penale, lo invito a spiegare a sua volta se sia ancora in vigore l’articolo 32 del Codice di Deontologia Medica, che recita come segue:

«In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti
diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona, ove non ricorrano le condizioni di cui al successivo articolo 34»,

e se sia tuttora applicabile, inoltre, il successivo articolo 34 del medesimo Codice, a norma del quale

«Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e
dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente
espressa dalla persona. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso».

Chissà se i medici della vita e della rianimazione ci stanno, a passare per la categoria dei medici che ignora allegramente il codice deontologico…