1988

September 30, 2007

Tracy Chapman, Talkin’bout a revolution

Sentire Tracy Chapman fu come essere investiti da un’onda. Fu come realizzare che una parte di mondo era entrata in casa mia, attraverso quella chitarra, e quella voce modulata. Attraverso la pacatezza dolce, di chi buca ogni silenzio. L’incapacità di adattarsi alle chiavi e ai registri della musica di massa, la hanno resa ancora più potente. Note Folk di chitarre sottili che sembrano arrivare da un posto lontanissimo, parole sussurrate, toni familiari.

Tanita Tikaram, Twist in my sobriety

La voce scura, malinconica e calda, il puro folk della chitarra acustica, e l’odore che rimaneva attaccato alle sue canzoni brevi, non avresti mai detto che fosse una ventenne tedesca. Conciliava umiltà e allegria, ritmo costante e pause col puntino, musica da treno in corsa, e testi da passeggiata introspettiva. Breve fu anche la parabola, nel mondo del pop. E lei, bianca e patinata, ne ha cavalcato un’altra, rendendo nostalgici gran parte dei suoi fan. Non sarà più quella di questo twist
I like to think I can be so willed And never do what you say…….

Bon Jovi, Lay your hands on me

Bon Jovi incarna la storia del felice successo di un genere strano, lo strascico di una chitarra forse sentita, l’urlo energico del trascinatore di folle. Credo che hair metal, sia ironicamente il nome. New Jersey è un album tardivo, quasi un intento di soffiare sul fuoco continuando con le chitarre acustiche, armoniche, pianoforte, chitarra elettrica, voce. Se forse bad medicine è il pezzo migliore dell’album, lay your hands on me è quello che in realtà meglio lo raffigura. Si ferma lì, come si ferma davanti alla proposta di cantare con il proprio idolo, Frank Sinatra. Intimorito dai propri stessi limiti.